Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIII – 28 febbraio 2015.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Ripetute anestesie generali potrebbero aumentare il rischio di malattia di Alzheimer. Recenti esperimenti hanno rilevato che alcune molecole impiegate per l’anestesia generale elevano, nelle cellule cerebrali, i livelli di proteine associate alla patogenesi della malattia di Alzheimer.

 

Il cervello può indurre la trasformazione del grasso bianco in grasso bruno di più facile metabolizzazione. È importante sapere che è facoltà della fisiologia cerebrale convertire i lipidi corporei di riserva, associati ai rischi dell’obesità e convenzionalmente definiti “grasso bianco”, negli accumuli lipidici più dinamici metabolicamente ed accostati al “grasso bruno” degli animali.

 

Progressi nella diagnosi precoce di malattia di Alzheimer vengono dal rilievo mediante PET (tomografia ad emissione di positroni) dell’alterazione neurofibrillare (NFT) della proteina tau nei neuroni e dall’impiego come biomarker della proteina TDP-43, già in precedenza associata alla neurodegenerazione o alla sclerosi laterale amiotrofica (SLA). La buona correlazione fra il grado di progressione della demenza e la densità nella neocorteccia dei glomeruli di neurofibrille degenerate (NFT), rivelata dalla PET, era già stata presentata alla Alzheimer’s Association International Conference del 2014. Ora, Ariza e colleghi hanno dimostrato l’affidabilità del metodo per la diagnosi del grado di demenza e la stadiazione della progressione, e lo hanno proposto per lo sviluppo di nuovi agenti terapeutici che possano modificare l’andamento della malattia (J Med Chem 2015 – Feb 11, epub ahead of print).

 

I videogiochi possono rivelare deficit cognitivi che altrimenti rimarrebbero ignorati. La recente osservazione sperimentale era stata prevista da Luciano Lugeschi già alla fine degli anni Ottanta. Lugeschi, che ha collaborato con i coniugi Gianutsos alla realizzazione del primo sistema di diagnosi e trattamento computerizzato di disturbi percettivi e cognitivi da lesione cerebrale, rilevando l’impossibilità di scoprire molti difetti cognitivi con le procedure e i metodi dell’esame neurologico e neuropsicologico (ancora in uso), aveva osservato che, se il loro complesso sistema computerizzato non fosse entrato nella pratica neurologica di routine, magari sarebbero stati i videogiochi a svelare problemi che, ignorati, possono a volte mettere a rischio la vita di una persona.

 

I bambini con deficit dell’attenzione e iperattività hanno buone capacità creative. A dispetto di una imponente mole di dati che ha documentato per anni minori abilità, verosimilmente per i limiti dell’attenzione, nel disegnare, modellare, suonare ed elaborare storie con la fantasia, gli affetti da ADHD (attention deficit hyperactivity disorder) hanno fatto registrare in alcuni studi recenti una buona predisposizione alla creatività. Le evidenze di effetti favorenti attività mentali comunemente assimilate a processi creativi, non devono far dimenticare che il fenotipo comportamentale dell’ADHD è stato associato a vari disturbi psichiatrici dell’età adulta.

 

Le bevande dolci in genere gassate (soft drinks) non sono causa di depressione come è stato di recente adombrato, sulla base di un maggior consumo nelle persone depresse (Cfr. “Sweet and Sad”, Sci Am Mind 26 (1): 10, 2015). Questo tipo di studi sulle abitudini non è adatto a stabilire nessi causali e non va confuso con quelli in cui si istaura un regime alimentare in volontari istituzionalizzati, creando condizioni scientifiche di saggio, con gruppi di controllo, per verificare un possibile ruolo causale di un effetto misurabile, da parte di una bevanda o un alimento assunti. Il maggior consumo di soft drinks nelle persone affette da disturbi depressivi è più probabilmente una conseguenza di uno  stato psichico già depresso o frustrato e prossimo alla depressione, che induce alla ricerca di piccoli piaceri per migliorare il tono dell’umore.

 

Vernon Benjamin Mountcastle si è serenamente spento nella sua casa di Baltimora l’11 gennaio 2015. Era nato il 15 luglio 1918 a Shelbyville, nel Kentucky, e a lungo aveva diretto i Bard Laboratories of Neurophysiology della Johns Hopkins School of Medicine. Autore di un celebre trattato di fisiologia, i cui capitoli sul sistema nervoso sono stati per alcune generazioni di medici e neuroscienziati un riferimento imprescindibile, anche in Italia, ha contribuito in maniera straordinariamente significativa al progresso delle conoscenze sulla neurofisiologia del cervello. Le sue scoperte hanno cambiato radicalmente e per sempre il modo in cui si intende la fisiologia della corteccia cerebrale, gettando luce sui processi corticali di elaborazione dell’informazione e, in particolare, della percezione sensoriale. Scoprì l’organizzazione colonnare ripetitiva della neocorteccia, ovvero la costituzione di aggregati verticali neuronici perpendicolari ai 6 strati orizzontali, ed introdusse il concetto di colonna corticale come unità funzionale o unità di elaborazione (unit of computation) alla base della fisiologia della corteccia cerebrale (1978).

Le tecniche di studio da lui perfezionate innovarono radicalmente il modo di studiare la neurofisiologia dei sistemi neuronici, aprendo la strada ai procedimenti attualmente in uso per l’analisi dei circuiti dell’encefalo. Quando Gerald Edelman, Premio Nobel nel 1972 per la scoperta della struttura della molecola anticorpale, decise di lasciare la biologia molecolare per dedicarsi allo studio del cervello e, in particolare, alla verifica delle sue ipotesi alla base della Teoria della Selezione dei Gruppi Neuronici (TSGN), si rivolse a Vernon Mountcastle, che gli fu mentore, insegnante e collega nei primi esperimenti volti ad accertare l’esistenza di gruppi neuronici come entità funzionali discrete. Con Edelman scrisse il saggio The Mindful Brain.

[Per esposizioni più dettagliate e complete della sua biografia ed ulteriori notizie sulle sue ricerche, si vedano: Solomon H. Snyder, Vernon Mountcastle (1918-2015), Nature Neuroscience doi:10.1038/nn.3958 – AOP 16 feb. 2015; Martin Kevan, Vernon Mountcastle (1918-2015), Discoverer of the repeating organization of neurons in the mammalian cortex. Nature 518 (7539): 304, 2015].

 

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BM&L-28 febbraio 2015

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